E’ il 25 Novembre 2020, il mondo è bloccato da una nuova ondata Covid-19, che per necessità reprime la libertà di vivere. E’ pomeriggio a Napoli, e piove. Chiunque ami il calcio o più semplicemente lo sport in generale, saprà cosa stava facendo in quel lasso di tempo compreso tra le 17 e le 18.30. Diventa virale nel giro di poco la notizia della morte di Diego Armando Maradona.

Nel giro di poco, Plaza de Mayo, el barrio La Boca a Buenos Aires, l’Estadio Bumeran (Argentinos), i Quartieri Spagnoli e lo Stadio San Paolo, sono stati riempiti di persone. La comunità calcistica riunita in ogni parte del mondo per commemorare il più grande di sempre, prescindendo dai colori, dall’etnia, da tutto. Come solo Pelusa avrebbe voluto.

Da quel giorno sono passati due anni esatti, e di Diego è vivo ancora il ricordo e il culto per un “D10S humano”, come scritto anche nel murales del noto street-artist Jorit.

Dalla parte dei deboli

Diego ha rappresentato e rappresenta ancora oggi un punto di congiunzione tra la sua Argentina e Napoli. Questo per la condizione sociale che viveva la Napoli degli anni ’80, “sottomessa” al monopolio economico delle industrie del Nord. Situazione simile, ma diversa perché riflessa sotto aspetti politici in Argentina, che in quegl’anni (1976-1983) era sottoposta alla dittatura. Proprio quest’ultima diede vita ad una delle guerre più brutte del post secondo dopo-guerra: quella delle Falkland.

Maradona diventa punto di congiunzione nel momento in cui sceglie di difendere i più deboli, sia calcisticamente, ma anche socialmente e politicamente (nota fu l’amicizia con “El Che”). L’apice lo si tocca a Napoli con la celebre frase pronunciata nell’estate dell’84, quando fu acquistato da Ferlaino.

“Voglio diventare l’idolo dei ragazzi di Napoli perché loro sono come ero io a Buenos Aires”

Questa frase fu una promessa che Diego riuscì a mantenere, diventando Re di Napoli per sette lunghi anni, portando due scudetti, una Coppa Uefa, due Coppa Italia ed una Supercoppa Italiana. Un riscatto sociale che vide Napoli tornare alla ribalta. Successivamente pronunciò anche un’altra frase, eloquente.

“Abbiamo vinto tutti insieme, non è che abbiamo vinto noi e la gente che sta qui. Ha vinto Napoli”.

Il rapporto con Napoli e la trattativa

E’ l’estate del 1984. Maradona viene da una brutta stagione a Barcellona, culminata con una rissa il 23 Settembre contro Goicochea dell’Atletico Bilbao. I Blaugrana devono giocare un’amichevole contro l’Avellino, ma la società comunica che El Pibe non sarà disponibile per infortunio. E’ qui che entra in gioco Antonio Juliano che va in pressing su Maradona, scoprendo che questo aveva chiesto la cessione.

La trattativa inizia intorno al 25 Maggio, e durerà circa 40 giorni. In quel periodo il Napoli non era una società di importanti dimensioni e veniva da due salvezze raggiunte in extremis. Controcorrente, Maradona apprezza le avances del Napoli. La richiesta è 13 miliardi di lire: alta per le risorse economiche di Ferlaino. Il presidente tuttavia riesce a snodare la situazione grazie al sindaco di Napoli, Vincenzo Scotti, il quale organizza un incontro con il Banco di Napoli che risana le casse della società con una fideiussione per l’appunto da 13 miliardi e offrendo garanzie al Banco di Bilbao.

L’accordo con il calciatore arriva in poco: 1 miliardo e 300 milioni di lire a stagione. Tarda ad arrivare l’accordo col Barcellona, e difatti si arriva all’ultimo giorno di mercato che Maradona è ancora un giocatore blaugrana.

La trattativa si chiude però quando a poche ore dalla fine, Ferlaino sposta il proprio interesse verso Hugo Sanchez. Il Barcellona, per non perdere l’opportunità accetta l’offerta del Napoli. Maradona era pronto a diventare un calciatore azzurro. E’ la notte tra il 30 Giugno e 1 Luglio 1984, la storia da quel momento non sarebbe stata più la stessa.

E in effetti l’impatto tra Napoli e Maradona è subito empatico, romantico, come il primo amore, al quale non si può fingere e al quel non puoi che giurare eterno amore. In quel caso, Maradona giurò anche un riscatto.

Eppure la vita a Napoli per Diego non fu una passeggiata. Se in campo c’era da demolire il Milan di Sacchi, la Juve di Platini o l’Inter di Matthaus, fuori per Maradona non fu facile. A fronte di una città che lo ha coccolato, amato e osannato, Diego a Napoli divenne una “Star” anche fuori dal campo, tra vizi, sregolatezza ed eccessi. Del resto cos’è il genio? Storica rimane la frase: “Non sarò mai un uomo comune”. Un’ammissione di consapevolezza di un uomo che andava compreso probabilmente e non portato sempre più sull’orlo. In un’intervista rilasciata negli ultimi anni, la ex moglie, Claudia, dirà che Maradona a Napoli non era più “Diego”.

Nonostante ciò, Pelusa non smise di incantare la sua Napoli, come quando nel 3 Novembre del 1985, in una giornata piovosa e in un San Paolo da soldout contro la Juventus, mise a segno un gol su punizione ai limiti della fisica. Dopo aver saltato 5 avversari, Diego arriva in area di rigore e viene atterrato. L’arbitro fischia punizione a due in area. Vicino a Diego, Bruscolotti. Racconterà l’ex capitano partenopeo che Maradona disse: “Toccamela, tanto faccio gol lo stesso”.  Solo al termine del successivo campionato, Maradona si laureò campione col suo Napoli, che per la prima volta vinse un titolo nazionale.

Mexico ’86 e il gol del secolo

Come abbiamo citato prima, tra il ’76 e l’83, l’Argentina combatté nella Guerra delle Isole Falkland contro gli inglesi, perdendo. Qui morirono tantissimi giovani argentini, mandati dalla dittatura sul campo di battaglia e mai più tornate. Col tempo “las malvinas” è diventato un termine per ricordare quel periodo e le vittime sudamericane.

E’ il 1986. Maradona è fresco campione d’Italia con il Napoli, primo titolo di tanti nei 7 anni d’oro partenopei. Il Mondiale in Messico era il giusto momento per consacrarsi sul palcoscenico internazionale, dopo l’espulsione nell’82 e la non convocazione del ’78.

Tennero banco nei mesi del ritiro premondiale le querelle tra Passarella e Diego, rivali di sempre dai tempi del Boca e River, a contendersi la fascia da capitano. In sostanza, la squadra vedeva in Maradona il vero leader, e Passarella, capitano nell’82, rivendicava la propria leadership. I due scambiarono una foto in segno di pace (apparente) diventata poi iconica. Alla fine Passarella non cominciò nemmeno il mondiale per infortunio. Al suo posto el “tata” Brown.

Modulo 3-5-1-1, alla guida della Selecion, Bilardo con Maradona dietro Jorge Valdano.

L’argentina passò il girone, superando Bulgaria, Corea del Sud e pareggiando con l’Italia. Vinse poi gli ottavi contro l’Uruguay e ai quarti toccò proprio all’Inghilterra. E’ il 22 Giugno dell’ 86, Stadio Azteca. Dopo una vigilia caldissima e fatta anche di scontri sugli spalti tra argentini e inglesi, la partita prese il via.

E’ il secondo tempo. Minuto 51. La partita è bloccata e Maradona costantemente messo giù da entrate senza mezzi termini degli inglesi. El diez argentino così decide di scambiare con Valdano, uscito dai blocchi a limite dell’area. Maradona passa il pallone che viene intercettato verso il portiere da un difensore inglese. Diego va dritto verso la palla, impennatasi, col portiere in uscita e con la mano sinistra la mette dentro.

Valdano, come dichiarerà successivamente Maradona, gli chiederà se l’avesse toccata o meno con la mano. Diego sorridendo avrebbe detto ironicamente al compagno di star zitto.

Ma è 4 minuti più tardi che Maradona farà il gol che passerà alla storia come “il gol del secolo”. Héctor Enrique passa la palla a Maradona circa dieci metri all’interno della propria metà campo. Il capitano dell’Albiceleste iniziò una corsa di 60 metri in 10 secondi, diritto verso la porta inglese, lasciandosi alle spalle cinque giocatori avversari (Hoddle, Reid, Sansom, Butcher e Fenwick) e alla fine anche il portiere Shilton, prima di depositare in rete il pallone del parziale 2-0 per i suoi.

Al termine della partita, Maradona dedicherà la vittoria (2-1) a tutto il popolo argentino e dirà per il primo gol: “è stata la mano di dio”.

Alla fine, l’Argentina vincerà il suo secondo ed ultimo titolo mondiale fin qui, battendo il Belgio 2-0 in Semifinale e la Germania 3-2 in Finale. Diego, nonostante un assist magistrale in finale e un gol incredibile col Belgio, si prese però la scena e si consacrò in quel 22/06/1986, giorno in cui divenne “D10S”. Diventando così l’eroe dei due mondi: di Napoli e degli Argentini.

Il D10S Umano

Sintetizzare la figura di Maradona come un “D10S Umano” è quanto di più reale ci sia. Ci sta ed esiste una linea di demarcazione tangibile tra cosa è stato Maradona e cosa Diego. Da un lato una star e da un altro un uomo con vizi, debolezze, in cerca di comprensione, oscillando in quel dilemma Pirandelliano dell’essere o apparire. Alla fine Diego è andato via due anni fa a Tigre, nella provincia di Buenos Aires, da solo, con le proprie idee rivoluzionarie e controcorrente, stando fino alla fine dalla parte di chi lo ha amato e con la consapevolezza di essere caduto e rialzatosi più volte in vita sua… ma anche con la consapevolezza di essere stato probabilmente un uomo che ha reso felice popoli che racconteranno una storia: di aver visto Maradona.

Scritto da: Marco Chiavazzo

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